Martino Oberto, filosofo d’avanguardia, destabilizzatore del linguaggio, esponente storico, a partire dai primi anni Cinquanta, di una sua “ana-pittura“.
Nato a Genova nel 1925, figura carismatica del movimento della Scrittura visuale, soggetto spontaneamente anarchico, nella definizione del poeta visivo Ugo Carrega, autore di Aforismi della vita spensierata, intellettuale di aspetto ascetico, costantemente vestito di grigio e poi di nero.
Si forma, dagli esordi, sul Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein, di cui adotta, anche pittoricamente, l’invito a gettare via la scala dopo esservi saliti.
Sono gli anni dell’underground postbellico, quando Martino, con Anna Oberto e Gabriele Stocchi fondano, nel 1958, la rivista Ana Eccetera, nata per un atteggiamento culturale off kulchur, dalla definizione di Ezra Pound, ma in pochi anni diffusa a livello internazionale. Sono gli anni infatti in cui Oberto collabora con il poeta dei Pisan Cantos, padre in nuce della Poesia visiva, gli anni in cui legge Joyce, Cummings, Isou.
Attivo anche sul campo del cinema sperimentale, elabora linguisticamente e poeticamente la sua anaphilosophia in pittura, sottoscrivendo l’affermazione “io non penso spenso”. Trascrittore della logica in poesia e della poesia in logica, mette in opera processi di conoscenza che eludono il metodo, verbalizzazioni, giochi linguistici, analisi grafiche del linguaggio. Il suo “o botteto” sul mondo (bottezzo ergo soom, 1967) prelude alla sua arte scritta e spensata.
Dopo aver esordito negli anni Cinquanta nel MAC e con gli Spazialisti, nel 1973 è invitato al Finch College di New York nella mostra “Italian Visual Poetry 1912-1972”.
Alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, a cura di Luigi Ballerini, inaugura nel 1974 il Mercato del Sale di Ugo Carrega con la personale “ANA ART arte-scritta“, divenuto poi Archivio della N.S. di Paolo della Grazia.
Nel 1981 Ana Eccetera figura nella mostra “Identitè Italienne, l’Art en Italie depuis 1959”, Parigi, Centre Georges Pompidou, a cura di Germano Celant.
Negli anni Ottanta si trasferisce a New York, dove incontra il critico di estetica letteraria, poeta e scrittore Peter Carravetta, che adotterà come copertina della Review of Italian thought “Differentia”, da lui fondata, il dipinto intitolato, dall’Ulysses di Joyce, L’Ineluttabile modalità del visibile. Sarà ancora Carravetta a tradurre, nel 1993, per la Campanotto editore, il volume Anaphilosophia, edito in italiano nel 1977 come edizione AEFUTURA, esposto su leggìo, davanti ai dipinti, nella sezione Parabilia alla XLV Biennale di Venezia, diretta da Achille Bonito Oliva.
Del 2008 la sua presenza nella mostra “La parola nell’arte“, MART, Rovereto, e “La libertà nell’arte, Dialogo con OM“, a cura di Lorena Giuranna, al Museo della Carale Accattino, Ivrea. Recente il suo intervento, con il figlio Adel, al convegno alla Normale di Pisa “Parole immagini e altro“, in cui si intrattiene sul significato dello spensare.